Il percorso Siamo fatti di terra è entrato nel vivo al Resilienze Festival. Il racconto di una giornata dove esperti hanno dialogato sul futuro dell’agricoltura, che non può che tener conto della salute del nostro pianeta.
Siamo fatti di terra entra nel vivo. Dopo il racconto cominciato il 2 luglio, il percorso targato Alce Nero e LifeGate ha fatto di nuovo tappa a Bologna per proseguire l’indagine e il confronto con un pubblico di persone attente o più semplicemente che vogliono capire e cambiare le conseguenze delle loro scelte alimentari. Non solo per il proprio benessere, ma anche – e spesso, soprattutto – per la salute della Terra. Salute, un termine che è stato ripetuto diverse volte dai protagonisti che hanno partecipato all’incontro del 14 settembre di Resilienze Festival, organizzato dall’associazione Kilowatt presso le Serre dei Giardini Margherita.
La novità risiede nel senso che si è dato alla parola: la salute non più come “esclusiva” del genere umano. Salute è strettamente correlata e intrinsecamente connessa con tutto ciò che fa bene all’ambiente e alla Terra. “Dobbiamo tornare a un’agricoltura resiliente, biologica, che rispetti anzitutto la terra e la biodiversità, che produca un cibo che faccia bene anche alle persone”, ha affermato il professor Giovanni Dinelli del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna.
E per farlo non si può più lavorare solo a posteriori, quando il danno è fatto attraverso l’uso smodato di prodotti chimici – ormai innumerevoli sul mercato – che cercano di estrarre dalla terra il massimo della produttività possibile senza rispettare tempi e caratteristiche.
Bisogna agire attraverso “interventi preventivi perché crediamo che l’agricoltura biologica si inscriva in essi”, gli fa eco Simone Gamberini, presidente dell’Istituto Ramazzini che da anni fa ricerca in ottica di prevenzione sul cancro e altre malattie collegate a tematiche ambientali. Lo stesso istituto che sta portando avanti uno studio pilota per capire gli effetti dell’erbicida glifosato, il più diffuso al mondo.
Del resto, se le piante hanno vissuto in salute per milioni di anni, è da loro che dobbiamo imparare a essere resilienti e resistenti, per conquistarci un ruolo, se vogliamo garantirci un futuro longevo e “in salute” sulla Terra. Noi, esseri umani, che popoliamo questo pianeta da un tempo ridicolo rispetto ad altre forme di vita – poche decine di migliaia di anni – dobbiamo saper “ascoltare” quelle specie, come i vegetali, che hanno già affrontato sfide secolari, adattandosi e uscendone vittoriose. Non facendo guerra alla terra, ma facendo rete e scambiandosi “best practice”. La speranza c’è ed è più viva che mai: “Più della metà dei nuovi agricoltori oggi sposano l’agricoltura biologica”, ha affermato Carlo Malavolta, responsabile della Regione Emilia-Romagna per l’Agricoltura a ridotto impatto ambientale, al Resilienze Festival.
Prendiamo spunto da chi ha più esperienza di noi, dunque, come le piante. Ne parleremo ancora e nei dettagli nel corso delle prossime tappe di Siamo di fatti di terra: il 6 ottobre a Internazionale a Ferrara insieme ad esperti come la dottoressa Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), Manlio Masucci di Navdanya International e con la giornalista statunitense Simran Sethi. E poi ancora al festival Kum! il 20 ottobre, ad Ancona, insieme al neurobiologo vegetale Stefano Mancuso e allo scrittore Daniel Lumera.