Passano gli anni, cambia la politica, ma Ferrara resta sempre la stessa. Non cambia l’accoglienza dei suoi abitanti, la bontà delle sue osterie, la bellezza dei suoi palazzi. Uguale sono l’aria e l’atmosfera che si respirano il primo weekend di ottobre quando giornalisti da tutto il mondo si ritrovano nella città emiliana per parlare di fatti e politica internazionali, dando soddisfazione alle migliaia di persone che accorrono per approfondire, conoscere, e trovare risposte. Già perché non sono tante le realtà italiane che, come la rivista settimanale Internazionale, affrontano gli esteri in modo adeguato. Così, alla dodicesima edizione, il festival di Internazionale a Ferrara è ancora in grado di creare quella magia che sovrasta qualsiasi stagione o colore politico. È all’interno di questa fotografia che la domenica del festival – quest’anno dedicato ai temi della sostenibilità e della crisi climatica –, sul palco del Teatro Nuovo si è tenuto un momento in cui è stato possibile parlare di agricoltura in modo libero, profondo e lungimirante grazie al percorso Siamo fatti di terra.
Si è parlato di come ci sia bisogno di passare da un modello di agricoltura che mette al centro l’essere umano a uno che metta al centro la salute del Pianeta. Si è calcolato che per ogni essere umano vengono spruzzati 95 chilogrammi di pesticidi e fertilizzanti chimici mettendo a rischio la vita di contadini e di chi vive nelle aree limitrofe ai campi avvelenati (Fiorella Belpoggi, Istituto Ramazzini).
Del resto, tracce di glifosato si trovano ovunquee, cosa peggiore, si stanno accumulando: nel terreno, nel nostro organismo. Eppure sono poche le persone consapevoli. Per questo, per abbattere il muro di disinformazione bisogna parlare di biologico, bisogna spiegare perché faccia bene al nostro organismo, oltre che alla terra (Manlio Masucci, Navdanya International). Si è mostrato quanto sia importante preservare la biodiversità agricola, perché noi siamo quello che mangiamo e per questo anche chi lavora la terra ha diritto a essere trattato e remunerato in modo adeguato per garantire il fabbisogno alimentare a sé e alla sua famiglia (Simran Sethi).
Ma garantire la biodiversità significa avere un’arma in più anche contro la crisi climatica che annovera tra i colpevoli proprio l’agricoltura “convenzionale”, la monocoltura intensiva. Circa un quinto delle emissioni di CO2 che produciamo ogni anno provengono da questa forma di agricoltura estrattiva. È quindi necessario, indispensabile abbandonare al più presto questa forma di sfruttamento per abbracciare e mettere in campo i valori dell’agroecologia, un sistema che applica all’agricoltura i principi di rispetto dell’ambiente, del suolo, della biodiversità vegetale e animale evitando prodotti di sintesi e preferendo i metodi di coltivazione e allevamento biologici. Ed è proprio il biologico la punta di diamante di questo sistema. Passare al biologico vuol dire tagliare anche le emissioni di CO2 fino al 50 per cento rispetto al “convenzionale”, che basa la sua produttività sui combustibili fossili. A Ferrara, le persone hanno potuto ascoltare tutto questo, hanno potuto farsi un’idea, hanno potuto cambiarla nei loro modi e tempi. E magari, il giorno dopo, hanno scelto di affidarsi a prodotti che sull’etichetta raccontano un mondo fatto di equilibrio e rispetto.
Lunga vita a Ferrara, e arrivederci al prossimo anno.
[Immagine di copertina, credits Lifegate]