L’espressione “elefante nella stanza”, in inglese elephant in the room, viene usata per indicare quando un tema, una questione sono tanto evidenti e visibili a tutti quanto ignorati dai più. Come se far finta, appunto, che non ci sia alcun elefante nella stanza possa servire a farlo sparire, magicamente. Una situazione che spesso si viene a creare per nascondere verità scomode, per tabù difficili da infrangere o per situazioni spiacevoli che non si vuole ammettere o metabolizzare.
Nei giorni della Cop26, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si è tenuta a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 13 novembre 2021, questa espressione è stata modificata in “mucca nella stanza”, in inglese cow in the room. La spiegazione che c’è dietro la scelta di questo cambio di animale dipende dal fatto che ai negoziati sul clima tutti abbiano ignorato il tema delle emissioni causato dall’agricoltura e dagli allevamenti intensivi (tra gli altri, di bovini, appunto). È vero, la sfida principale da affrontare in questa crisi climatica è e rimane quella dei combustibili fossili – che devono rimanere sotto terra e non essere bruciati come se non ci fosse un domani –, ma anche il tema della produzione di cibo su scala industriale e globale è tra le principali cause delle emissioni di CO2 e di metano in atmosfera e, quindi, del riscaldamento globale.
L’agricoltura, il cambio d’uso di terreni forestali e tutte le attività ad esse collegati causano oltre il 18% delle emissioni, un dato secondo solo al tema energetico nel suo complesso (industria, trasporti ed edilizia che, sommati, causano circa il 73% di tutte le emissioni su base annua). Al 3° e 4° posto si piazzano il settore industriale (cemento e industria chimica, pari 5,2 per cento) e lo spreco di risorse (si veda il grafico di Our World in data).
![Emissions-by-sector-–-pie-charts[1]](https://mediacdn.livestory.io/v1/alcenero/posts/r1250/61c06eb8dfeb510009ad4d0e.png)
